Omelia domenica 21^ t.o. C – 21 Agosto 2016

All’ingresso dei Centro Commerciali, dei supermercati troviamo larghe porte scorrevoli automatiche che si aprono al solo nostro avvicinarsi … Le banche invece preferiscono adottare un ingresso più stretto, complesso e sofisticato: un cilindro monoposto che si apre per entrarvi e si riapre al lato opposto per uscire all’interno del locale.

Gesù ammonisce di entrare per la porta stretta non per evitare di essere rapinati, ma per ottenere una cosa molto più preziosa del capitale. E’ il Regno di Dio, il nostro essere in Dio, quella sicurezza e felicità che continuamente cerchiamo. Non è la porta larga che ci permette di entrare ingombri nella vera vita; nel Regno di Dio non si entra con uno scivolone, non basta lasciarsi andare.

Per arrivare alla realtà luminosa e gioiosa di Dio, bisogna ridurre le nostre dimensioni alle misure della porta stretta: è la porta impegnativa dell’amore che richiede scelte difficili, come la rinuncia all’ingordigia di possedere, al gusto di contraddire per partito preso, a disonorare l’avversario.

Ma l’amore richiede anche impegno a compiere con onestà il proprio lavoro, richiede generosità oltre la giustizia, richiede discernimento sulle trasmissioni televisive o sulla stampa da leggere, richiede volontà decisa ad osservare i comandamenti di Dio come ci vengono presentati dalla Chiesa. In termine corrente si usa dire ‘ mettere i paletti ‘ per segnare il percorso.

Oggi si preferisce non metterli, si preferisce lasciar la porta spalancata, anche il male diventa bene: non è questa la salvezza dell’uomo. Il vangelo ci parla di essere perfetti come il Padre celeste, ci indica Gesù in croce da seguire.

In sintesi, la nostra porta stretta è il fratello da amare.