CHE COSA PROVO PER DIO “CHE COSA SENTO”

Mi metto a pregare!  Almeno questo intendo fare quando mi inginocchio e comincio a pronunciare parole imparate a memoria; o quando ricavo dal mio vissuto qualche necessità che altri non comprenderebbero e che lascio a Dio risolvere; o quando il cuore è gonfio e trabocca spontaneamente facendo partecipe Dio della gioia immeritata.
Ma è preghiera questa?

O è solo un riflesso di me stesso? Un bisogno di adempimento, un ripensamento di commiserazione, o un’auto-gratificazione?

Ma allora non ho capito chi è Dio, e  non mi rendo conto chi sono io per lui: sono stato pensato da Lui, sono uscito da Lui, appartengo a Lui, sono avvolto da Lui. Non posso rivolgermi a Lui in modo impersonale.

Ecco allora la mia domanda: che cosa provo per Dio, che cosa sento?

E’ attrazione, ammirazione, è il fascino della sua bontà, è riconoscenza, è timore, è bisogno…?  Può essere tutto questo: l’importante è che io manifesti a Lui quello che provo,senza farsa, senza pretesa.

Questo è quello che veramente provo: fatica di fidarmi, ad uscire da me stesso, a sentirmi creatura nelle mani del Creatore; sento il desiderio di cercarlo, aspetto che i suoi occhi affondino nelle mie piccolezze e mi incoraggi, provo meraviglia per le sue opere create e per ogni novità dello Spirito, provo gioia quando riconosco il filo d’oro con il quale Dio collega le varie circostanze della mi a vita. Sento che le mie infedeltà colpiscono di più la mia quiete e non scuotono il mio rapporto con Gesù;  provo la mia insufficienza e chiedo a Dio che mi soccorra nella fatica di allentare le mie difese e di correre verso di Lui.

Voglio essere vero quando prego, voglio sentire la preziosità del dono della Sua vita per me, voglio essere attento quando pronuncia il mio nome, quando scopro che Egli mi ha prevenuto nel bene che cercavo, dimostrando la sua attenzione paterna per me.