Omelia anno B – 17 t.o. 29.07.2018

Leggiamo nel vangelo: ‘ Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!’. Che cosa deve venire a fare il profeta nel mondo?

Stando alla lettura del Vangelo e della prima lettura, sembrerebbe che il profeta sia venuto per soccorrere gli affamati, per compiere prodigi a favore dei poveri, degli ammalati. Gesù come profeta invece, visibilmente dà da mangiare alla folla moltiplicando i pani e i pesci,  ma nella sua intenzione vuole aprire un’epoca nuova in cui egli stesso diventa pane in abbondanza per tutti; quel pane infatti è anticipo del pane dell’Ultima Cena, dell’Eucaristia che è il Corpo di Gesù stesso.

  1. Giovanni, autore di questo vangelo, riporterà appunto, dopo la narrazione di questo miracolo, il discorso di Gesù sul pane di vita che è Lui. Ma per l’evangelista il pane della moltiplicazione e il pane di vita di cui parlerà è così importante che tralascerà addirittura di raccontare l’ultima cena e l’istituzione dell’Eucaristia.

Ma il significato della moltiplicazione dei pani non viene dato solo dalla continuazione del vangelo di Giovanni, ma anche da una considerazione che nasce leggendo la seconda lettura: quella grande folla ha bisogno solo di pane? Non hanno bisogno anche di guardarsi l’un l’altro, di essere in relazione fra di loro, di essere unite nell’amore reciproco, di vivere insieme, di formare un solo corpo, di ‘ conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace ‘ ?

Questo voleva Gesù: fare di una folla anonima affamata “ un solo corpo, un solo spirito “ , dando da mangiare se stesso. La folla deve diventare famiglia con la stessa fede, con la stessa parola ascoltata e vissuta, con lo stesso battesimo, un popolo nato da un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti.