“ Tu sei il Figlio mio l’amato” sono parole che rivelano un rapporto tra chi le pronuncia e chi le ascolta; parole dette dal Padre che si sente legato al Figlio da una conoscenza profonda, da un amore intenso, da una identità nella natura divina; parole accolte dal Figlio che sente tutta l’attrattiva verso il Padre, che si sente immedesimato in Lui.
Durante la sua infanzia e la sua giovinezza indubbiamente Gesù ha sentito la voce del Padre nella preghiera, si è sentito chiamare ‘Figlio’ ed ha coltivato il calore del rapporto affettivo: i vangeli non ne parlano, ma è una cosa così naturale che non si può pensare diversamente. Il vangelo mette in evidenza questo momento del battesimo perché lì il Padre riconosce colui che Egli ha inviato, riconosce il Figlio come colui che si addossa i peccati del mondo e lo incarica a salvare l’umanità.
Tutto questo non sarebbe stato possibile se non ci fosse stato l’attaccamento paterno al Figlio e l’affetto filiale al Padre.
“Tu sei il mio Figlio, l’amato”.
Sono parole che risvegliano in noi il desiderio, la sete, la necessità di sentirci chiamare ‘figli’ da Papà Dio. Forse non abbiamo più un padre e una madre che ci chiamano per nome, che ci sorridano con accoglienza, che ci abbraccino con trasporto affettivo; ma Dio Padre lo abbiamo sempre ed Egli non è di meno di un padre e di una madre.
“ in te ho posto il mio compiacimento”. Che il Padre fosse contento del Figlio lo comprendiamo dal fatto che Gesù scendendo nelle acque del Giordano si è immerso nel male dell’umanità, lo porta su di sé e riemergendo lo vince. E’ la missione che il Padre affida al Figlio.