Nella nostra riflessione partiamo dal figlio maggiore, quello fedele al padre, alla casa, al lavoro e più di tutto fedele a se stesso.
Quando il padre perdona e accoglie, si sente sminuito, la sua fedeltà non è apprezzata, dentro di sé scatta la reazione; il suo senso del dovere e di giustizia lo portano a disprezzare il fratello e ad opporsi al padre. In nome dell’onore rompe la relazione familiare, sale sul pulpito e lancia sentenze da giudice, creando steccati, muri, separazione senza alcun risultato.
E’ proprio ciò che il padre voleva evitare; il suo desiderio è ricomporre la famiglia: ha accettato la divisione dell’eredità, lo sperpero, la lontananza da casa, ma non ha accettato di rompere la relazione. Il cuore del padre è rimasto integro e diventa il porto sicuro a cui il figlio più giovane penserà e al quale tornerà.
Ritorniamo all’introduzione della parabola. Gesù vuol dare il motivo per cui egli accoglie i peccatori e mangia con loro: non è certamente il disprezzo e la lontananza che contribuiranno ad avvicinarli, ma è mettendosi a loro livello, stando in mezzo a loro, tenendo conto che anche loro hanno un cuore. La misericordia, il perdono è proprio questo: continuare ad amare, a mantenere la buona relazione, a tenere la porta aperta per accogliere chi si è allontanato.
Siamo partiti dal figlio maggiore, abbiamo considerato il suo cuore irremovibile, impietrito. Abbiamo contemplato il cuore amoroso del padre, risoluto anch’Egli a non abbandonare la tenerezza che lo lega al figlio. Però solo nel cuore del più piccolo avviene il cambiamento ; ed è questo che vuole Gesù il nostro maestro: passare dall’egoismo all’amore. E’ necessario per gli scribi, per i pubblicani, per i sacerdoti che sbagliano e per quelli che si ritengono fedeli, per i frati e le Suore, per i fedeli cattolici e per gli indifferenti: essere convinti di non essere ancora sulla buona strada e credere all’amore del padre che non desiste dal suo Amore.