Omelia anno C II° AVVENTO – 09.12.2018

“Deponi, Gerusalemme, la veste di lutto e del dolore …” – “Rivestiti dello splendore che viene da Dio …” – “ Sorgi, Gerusalemme …” !

Perché questo grido del profeta Baruc?  Israele aveva trasgredito i comandi di Dio.  Ne vennero castighi, stragi e l’esilio a Babilonia. Ma il popolo non è distrutto, c’è chi veglia dall’alto: il profeta se ne rende conto e annuncia il ritorno degli Ebrei a Gerusalemme con la restaurazione della città. Dio stesso abbasserà le alte montagne, colmerà le valli, i boschi faranno ombra al popolo di Israele che sta tornando con gioia.

Anche al tempo di Gesù c’è oppressione da parte dei Romani, c’è ipocrisia nella religione del tempio . Però c’è chi veglia dall’alto e il profeta si fa portavoce per dare speranza: LA PAROLA DI DIO SCESE SU GIOVANNI NEL DESERTO.

“Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio”.

Davvero anche noi abbiamo bisogno di profeti che alzino la voce, che scuòtino dal torpore. Ne abbiamo bisogno perché il peccato innesca uno stato di torpore, di indifferenza. Il peccato non è come la deportazione in Babilonia o l’oppressione degli invasori che si sente sulla pelle, che disturba e che si cerca di togliersi da dosso. Il peccato crea assuefazione,  si può vivere  in anestesia con il peccato che corrode. E allora ci vuole chi dall’esterno vede il nostro stato e ci avverta della necessità di muoverci, di cambiare.

“Voce di uno che grida nel deserto … raddrizzate i sentieri”

La Parola ci viene da Dio stesso e ci invita a non cedere all’ipocrisia di un natale di emozioni, auguri, ricordi; entriamo nel deserto per cogliere la Parola di Dio che si fa carne in Gesù.