Omelia domenica 30^ t.o. C -23 Ottobre 2016

Il discepolo di Gesù non può fare a meno di avere colloquio, dialogo, confidenza con Dio, come Gesù stesso con il Padre. Per essere cristiani sentiamo il bisogno, il desiderio di pregare, siamo attirati verso la preghiera; la preghiera ci unisce a Dio, attraverso la preghiera c’è un travaso di amore tra Dio e la sua creatura, nella preghiera Dio guarda verso di noi e noi verso di Lui.

C’è una preghiera di supplica come quella della vedova al giudice; c’è una preghiera di pentimento come quella del pubblicano; c’è una preghiera di ringraziamento e di lode, però non come quella del fariseo.

La preghiera parte sempre dall’umiltà: siamo sempre dipendenti da Dio per la vita e per l’amore: è Lui che ci ha amati per primo: per questo la preghiera del pubblicano è la più vera perché sente di non aver corrisposto all’amore di Dio per Lui, riconosce l’amore di Dio e chiede di rientrare nell’amore.

Il grazie del fariseo è solo posa, non si sente amato; è falso. Ringraziare vuol dire riconoscere il dono, ma egli riconosce solo la sua bravura. Per una vera preghiera di ringraziamento dobbiamo andare in un’altra pagina del Vangelo, dove è riportata la preghiera di Maria:

‘L’anima mia magnifica il Signore … perché ha guardato l’umiltà della sua serva, tutte le generazione mi chiameranno beata’ . Maria nella sua umiltà guarda la grandezza e la bontà di Dio, Lo loda e Lo ringrazia, riconoscendo che tutto viene da Lui, non ha niente di cui vantarsi: saranno le generazioni future che la esalteranno.

“ MARIA INSEGNACI A PREGARE”