LA FACCIATA

 

LE DUE FACCIATE DEL SANTUARIO DELLE GRAZIE

davide foto facciata

Tratto da: Respice Stellam, febbraio 1970

Dopo i radicali restauri praticati soprattutto all’interno e nella parte absidale, si pensa ora alla ricostruzione della facciata originale, che dovrebbe armonizzare tutta la costruzione e completare l’aspetto primitivo dell’antico Santuario della Madonna delle Grazie. Tale realizzazione, anche se di evidente necessità estetica, è stata più volte rinviata per diversi motivi, non ultimo quello concernente la demolizione dell’attuale facciata che, pur costituendo una enorme dissonanza con tutto il rimanente complesso, presenta una certa maestosa bellezza e testimonia l’amore e la generosità dei nostri padri, i quali vollero appunto, in contrasto a quella primitiva, grandiosa e signorile. Lontano infatti dalla linearità francescana, che era stata prerogativa prima del sacro edificio, essa trasse ispirazione quando fu costruita nel 1861, alle linee più ardite e spaziose delle gentilizie dimore venete: lesene e fregi ricchi di decorazioni, intonaco splendente come marmo, due ampie finestre perfettamente uguali a quelle del cinquecentesco  palazzo Vendramin del Colucci sul Canal Grande a Venezia. A riempire poi la spaziosa superficie centrale, un grande affresco dell’Immacolata, opera degli allievi di Oreste da Molin, copia autentica della celebre tela del Tiepolo, conservata al museo civico di Vicenza.

Era quanto di meglio la bontà di gente umile e povera poteva offrire a Colei che infinite volte si era mostrata Madre buona e generosa di favori celesti.

Ma nessuno forse allora si chiese quanto nella nuova opera vi fosse, dal punto di vista artistico, di autenticamente valido; la facciata, con i suoi angeli dalle trombe d’argento posti alle sommità angolari, piacque, in breve tempo entrò negli occhi e nell’animo di ognuno e divenne fulcro dei ricordi più belli.

Oggi però, col crescente diffondersi del senso estetico anche fra le persone meno addentrate nel campo dell’arte, la disarmonia tra la facciata e rimanente parte della chiesa, appare in tutta la sua evidenza, per cui si è fatta più pressante l’esigenza di un ritorno all’originaria struttura. Quale potrà essere dunque, viene spontaneo a chiederci, la nuova configurazione della parte anteriore della chiesa più cara al cuore della popolazione della Saccisica? Due testimonianze potrebbero costituire i punti fondamentali per la determinazione del giusto assetto da dare al prospetto del Santuario: alcune vecchie linee architettoniche rinvenute sotto l’intonaco del portico d’ingresso, un antico dipinto che illustra la prima processione del voto, dove appunto, nell’angolo di destra, appare la chiesa, quale si presentava nella prima metà del Seicento. Una costruzione molto semplice, resa più sobria dal carattere povero della pietra scoperta; tetto a capanna, un rosone centrale per far convergere tutta la luce sull’altare maggiore, un pronao segnato da sei leggere colonnine, non diverso da quello di altre chiese francescane dell’età rinascimentale.

Tutto ciò porta giustamente credere alla autenticità di riproduzione del Santuario e ad escludere ogni arbitraria interpretazione dell’ignoto pittore.

La tavola del resto voleva essere una pagina di storia, un documento per i posteri, è logico allora che l’artista non doveva falsare una così importante realtà per indulgere ad eventuale diverso gusto personale. Queste dunque le fonti a cui risalire, quando si sarà deciso di ripristinare l’antica facciata e di ritornare alla secolare chiesa la primitiva armonica configurazione voluta dai nostri avi.

Paolo Tieto