Omelia anno C – 8 dom. t.o.- 03.03.2019

Abbiamo vissuto il vangelo di domenica scorsa? Ci siamo impegnati ad amare i nemici?   Come?

Amarli vuol dire aiutarli a non essere più nemici, conquistarli,  facendo loro capire che lo sbaglio, l’offesa non sono poi così grandi da distruggere l’amore.

Anche nel vangelo di oggi si parla di amore; si parla di aiuto reciproco: aiutare un cieco è amore, avvertire una persona del suo difetto e aiutarlo a togliere la pagliuzza, è amore.

Il vangelo di oggi però disapprova: c’è qualcosa che non funziona!: aiutare gli altri senza pensare di avere gli stessi o altri difetti, non è amore. Il cieco che è convinto di vedere, e guida un altro cieco, non ama, è ipocrita;  chi si fa bravo mettendo in rilievo i difetti degli altri, inganna se stesso.

Uno studente non può insegnare al suo maestro: ‘ognuno che sia ben preparato può essere come il maestro’.  Bisogna mettere a posto il cuore, dobbiamo prepararci per essere utili al nostro prossimo: prima di fare un’osservazione dobbiamo aver la rettitudine d’animo, desiderare di fare solo il bene all’altro senza avere così la conferma di essere più bravo di lui.

L’insegnamento di Gesù in fondo è l’umiltà, che non è nient’altro che il rispetto della verità!  La verità su noi stessi ancor prima della verità sugli altri.  Per amare bisogna togliere quel grave difetto, grosso più di una trave, che è la superbia, cioè sentirci un gradino più alti del prossimo.

Se siamo obiettivi, sinceri e umili allora il cuore va a posto e possiamo amare, possiamo esercitare l’aiuto reciproco, la correzione fraterna e portare frutti per Dio.