Omelia domenica 25^ t.o. C – 18 Settembre 2016

Ricordo quando ero parroco vicino ad Asiago 15 anni fa: ogni lunedì dovevo scendere in banca con la borsetta di plastica contenente qualche mazzetta da 1.000 £ire e i rotoli di moneta da 100 e 50 . A confronto degli altri clienti che incassavano o versavano cifre ben più consistenti, la mia era un’operazione di spiccioli, umiliante anche per il peso, e mi sembrava di far perdere tempo agli impiegati rovesciando davanti a loro il contenuto. Il mio deposito non proveniva da affari, commercio e tanto meno era denaro sporco; erano soldi della carità, soldi elemosinati e donati alla Chiesa per le necessità della parrocchia e per i poveri.

E’ uno degli aspetti dell’economia della parrocchia; ma ce ne sono altri un po’ più seri: la necessità di acquisti o di lavori senza avere i soldi ; ci sono persone che vengono a chiedere aiuto e bisogna fare i conti tra solidarietà e urgenze; non puoi confidare in disponibilità finanziarie, non nelle proprietà … sono casi che aspettano solo l’intervento della Provvidenza.

Credo così di interpretare i problemi concreti in cui si trovano tutte le famiglie, tutti i capi-famiglia e ciascuno, specialmente quando manca il lavoro.

I soldi sono una preoccupazione, non meno della salute.

Ma qui non siamo ancora nel Vangelo. Gesù dice che dietro la preoccupazione economica può nascondersi l’avidità: c’è il pericolo di desiderare l’accumulo, di mettere via, al sicuro per garantirsi il domani, e, siccome le incertezze sono tante, di continuare ad accumulare. E così un po’ alla volta ci si attacca e i soldi diventano esclusivi. E con i soldi ci si crede padroni del mondo, si dimentica che la vita l’abbiamo ricevuta e dobbiamo renderla a Chi ce l’ha data.

Se questo non bastasse, c’è da dire che i beni di proprietà non sono ad esclusivo appannaggio di chi li possiede, ma hanno una destinazione universale, hanno una ipoteca sociale. La sperequazione non è giustizia, non è giusto che pochi abbiano l’abbondanza e altri vivano nelle baracche. Si pone allora il problema del superfluo, cioè di ciò che supera il necessario. Non possiamo sciuparlo in capricci! Chi non ha il necessario ha diritto del tuo superfluo, ciò che sovrabbonda non ti appartiene.

Il profeta Amos condanna il benessere economico perché aumenta la avidità dei ricchi, e questi non si prendono cura delle classi meno agiate.

Potremmo sfuggire a questa condanna adottando il compromesso: Servire a due padroni, Dio e l’abbondanza. Sarebbe solo illusione perché il denaro domanda tutto e rende schiavi.

Gesù ci dice di stare dalla sua parte come figli: avremo la sua eredità.

Don Giovanni Battista Crivellaro