Domenica II° di Pasqua 28 aprile 2019

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Apparizioni ai discepoli e a Tommaso

 

Domenica dell’Ottava di Pasqua, in passato detta “Domenica in Albis” in quanto era il giorno della deposizione delle vesti bianche di coloro che erano stati battezzati nella notte del sabato santo.

Essi portavano la veste bianca per tutta la settimana e la deponevano nella domenica successiva alla Pasqua, detta appunto “in Albis”.

Veniva detta anche la domenica di s. Tommaso.

Ora si è aggiunto anche il titolo di domenica della misericordia, per volontà di Giovanni Paolo II  per devozione a S.ta Faustina Kowalska, apostola della Divina Misericordia, canonizzata nel 2000 proprio da Giovanni Paolo II.

 

I testi liturgici sono ancora quelli antichi, della domenica successiva alla Pasqua.

Ci ricordano che la fede in Gesù risorto non è così facile e immediata.

 

Ci aiutano a scoprire il cammino per passare dalla non fede alla fede.

“…a non essere più increduli, ma credenti”, come dice Gesù a Tommaso.

 

Come si fa a credere?

In che cosa la fondiamo, e come la fondiamo?

 

La prima parte del racconto evangelico ci dà una adesione dei discepoli senza problemi. Risolve ogni forma di paura che li teneva rinchiusi in casa. La chiusura della comunità cristiana, sempre possibile, rappresenta un momento di paura e di ricerca di consolazione per la morte del Signore, ma carente di speranza e di fiducia in Dio.

L’apparizione di Gesù risorto li aiuta a uscire dalle paure e dalle inutili consolazioni del passato di morte superato dalla risurrezione.

Credono all’apparire di Gesù e alle prove che lui porta: le mani ancora ferite e il fianco aperto dalla lancia.

 

Ma manca Tommaso.

Tommaso rappresenta quelli che non c’erano nelle apparizioni del Gesù Risorto, rappresenta tutti noi. Anche per la mentalità di voler essere lui stesso a verificare la presenza del risorto, non gli basta la testimonianza della comunità.

 

Come facciamo, noi che non eravamo presenti alle apparizioni subito dopo la Risurrezione, a credere? Come facciamo a vedere le ferite guarite del risorto?

L’episodio di Tommaso ci aiuta.

Anzitutto il suo soprannome: Didimo, cioè gemello. Gemello dichi?

Alcuni Padri della Chiesa interpretano questo titolo in termini spirituali: essi dicono che Tommaso è un “gemello” di Gesù, come siamo tutti noi, gemelli di Gesù.

Gemello in quanto simile, in quanti figli dello stesso Padre.

Gemelli in quanto dovremmo essere simili in tutti a Gesù.

Tommaso vuole essere come Gesù, però fa fatica a credere.

Come arriva alla fede?

Gesù riappare nella comunità quando anche Tommaso è presente.

Tommaso ha bisogno di un incontro personale con Gesù non gli basta la testimonianza della comunità

L’incontro avviene in ambito liturgico, durante l’incontro della comunità nel giorno del Signore: otto giorni dopo.

Gesù riappare e dice a Tommaso: metti qua il tuo dito e guarda le mie mani!

L’evangelista non dice se Tommaso lo ha fatto. Non ha importanza.

Quello che conta è che è stato interpellato direttamente da Gesù, e da questo è nato il suo atto di fede, uno dei più belli atti di fede che si leggano nel NT: Mio Signore e mio Dio!

 

Gesù allora dice l’ultima beatitudine evangelica:

“Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che non hanno visto e hanno creduto.

 

Ultima beatitudine nel vangelo di Giovanni, che in origine chiudeva con questi versetti.

Successivamente è stato aggiunto un altro capitolo il 21.

 

Tommaso crede perché ha visto le mani e i piedi di Gesù feriti dalla passione, ha visto i resti del venerdì santo.

Credere al risorto significa anzitutto non staccare Gesù risorto dalla sua passione e morte.

Poi significa vedere i segni di risurrezione: non vedere solo i segni di morte.

Noi di solito vediamo le piaghe della chiesa (Rosmini, Le 5 piaghe della chiesa, 1846), o l’agonia della chiesa (card Suhard, 1947), o le crisi attuali, ma non vediamo le piaghe risorto.

Siamo capaci di indicare dove la chiesa sbaglia,

ma troviamo difficoltà a dire dove la chiesa è risorta.

 

Ma dove risorge la Chiesa,

quali sono le mani risorte, le ferite risorte.

Se riesco a vederle allora posso offrire anche la mia fede.

 

E c’è anche la possibilità di credere senza aver visto: beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!

Dio dà la possibilità di credere anche a coloro che non vedono i segni di risurrezione, anche a quelli che vedono sempre una umanità distrutta.

Anche nelle tragedie e nelle forme di grande disumanità è possibile che sia presente le fede.

 

L’invito di oggi:

avere occhi per vedere la presenza del Risorto,

non abbiamo bisogno di toccare,

non abbiamo bisogno che tutto passi attraverso la ragione o i sensi.

Beati quelli che riescono ad andare oltre la propria razionalità e la propria sensibilità.

 

  1. Cristiano