L’INCANTO DELLA FAMIGLIA

Nevicava!

Al caldo della stufa a legna, nella cucina ciascuno al suo posto: mentre il papà è al lavoro, la mamma è intenta a cucinare, a pulire la verdura, i fratelli sono curvi sul proprio quaderno, io studio.

Era tanto il desiderio che lo spessore di neve aumentasse, che mi sono costretto a non guardare più fuori della finestra finchè non avesse terminato, sperando che la coltre bianca coprisse tutto e mi desse la possibilità poi di giocare a palle di neve con i fratelli , con il permesso della mamma; avremmo anche nascosto le trappole, lasciando affiorare il chicco di granturco per attirare le ‘seleghe’.

Ma non era la neve, né il calore della stufa, né il rifugio di una casa, neppure nostra, che ci dava la sensazione di qualcosa di intimo, di protetto, di completo. C’era la sensazione che non si potesse

avere di più: era la sicurezza di uno sguardo, di un cuore attento, di un cuore fedele che custodiva i figli per un padre fuori casa per lavoro, un cuore vigile per lo sposo e amorevole verso la chiocciolata che cresceva in età e numero.

Per me, il primogenito, e per gli altri, era la cosa più naturale, non poteva non essere così: un papà premuroso, infaticabile, che pensa al nostro avvenire, che ha in mente mille progetti e ci sorprende portando a casa ora la radio Marelli(siamo negli anni ’50), ora l’orologio a pendolo col cucù; un papà che sapeva alternare l’impiego allo svago, alla passione per la montagna: qualche volta andava via solo con gli amici, spesso organizzava delle passeggiate sui sentieri del Grappa o sui Colli Euganei con noi bambini, partendo in bicicletta e poi continuando a piedi.

E una mamma che alla sera, pur stanca, nel silenzio, finiti i lavori di casa, rimboccate le coperte dei figli già addormentati, preceduta a letto dal marito, si dedica a scrivere lettere per mantenere le buone relazioni con i parenti chiedendo notizie e confidando i suoi stati d’animo e gli ultimi avvenimenti. Ci rammaricava che la mamma durante le gite in montagna dovesse stare a casa con i più piccoli, d’altronde sapere che qualcuno ci aspettava  e avrebbe preparato l’occorrente per ristorarci, ci rasserenava e correvamo a raccontare a lei  come avevamo passato la giornata.

Il dopo cena era dedicato al Rosario, non ogni sera…, tutti insieme; quando non avevamo la corona la mamma, mentre lavava i piatti della cena,  intonava l’Ave Maria facendola precedere dal numero, dall’uno al dieci fino al Gloria  Patri.

E’ una sensazione indelebile che ha informato mente e cuore, ha coltivato il terreno: posso proprio dire “ sotto la neve pane!”